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La ghostwriter di Babbo Natale

“Nessuno vuole fare il ghostwriter. Chi ama scrivere vuole fare lo scrittore, chi ama scrivere ma non vuole fare lo scrittore vuole fare l’editor, chi ama scrivere ma non vuole fare né lo scrittore né l’editor vuole fare il giornalista, chi ama scrivere ma non vuole fare nemmeno il giornalista di solito sotto sotto non è nemmeno vero che ama scrivere.
Quel che è certo è che nessuno vuole fare il ghostwriter, detto anche scrittore fantasma, scrittore ombra o, con uno sgradevolissimo ma evocativissimo termine dell’Ottocento, il «negro».
Nessuno sceglie di impegnarsi a scrivere qualcosa sul quale poi metta la firma qualcun altro. Io non è che ami scrivere, cioè, sì, ma non quanto ami leggere.
Scrivere, semplicemente, mi viene naturale, e più di tutto mi viene naturale scrivere imitando il modo in cui scriverebbe un’altra persona. Non me ne frega un accidente di trovare la “mia voce” – che espressione del cavolo: i più dovrebbero semmai trovare il loro silenzio – ma so intonarmi benissimo su quelle degli altri.
Così, be’, facile: la macchina industriale ha bisogno di ghostwriter, io sono una ghostwriter di natura, domanda incontra offerta, ed eccomi qua. Da otto mesi, dunque, il mio mestiere è quello di imitare la voce, il pensiero, l’atteggiamento del finto autore di turno, per confezionargli un libro che sembri scritto da lui e del quale lui vada poi a riscuotere il merito e, soprattutto, i diritti d’autore (mentre io, per la cronaca, mi becco un micragnoso forfait mensile per aver fatto il lavoro sporco e tornare nell’ombra).
È un mestiere di merda. Ma – ma – questa merda mi ha resa libera…”

Una ghostwriter influenzata.
L’inevitabile cena di Natale in famiglia.
Un fragore dall’appartamento al piano di sopra.
Un mistero da risolvere.

Lettura godibilissima, che vi strapperà sorrisi inaspettati.
È un racconto che si legge velocemente.
E potete scaricarlo gratuitamente online dal sito Garzanti o su Amazon.

Titolo: La ghostwriter di Babbo Natale
Autore: Alice Basso
Editore: Garzanti

Lenti progressi in amore

“Probabilmente, più l’espressione di un desiderio è goffa e sciocca, più vi si coglie il desiderio stesso, forte al punto d’accontentarsi di quella espressione…”

Confesso di aver comprato questo librino quasi con distrazione: avete presente quando mancano pochi euro per raggiungere la soglia di spesa che fa usufruire di uno sconto?
Ecco…
Forse l’unico punto ad attirarmi fu l’ambientazione: sono da sempre appassionata lettrice di romanzi e saggi bellici.
Con sorpresa ho ritrovato entrambi in queste poche pagine.
È il racconto in prima persona di un soldato, lontano dal fronte della prima guerra mondiale: con altri commilitoni è stato mandato in campagna per un periodo di riposo.
Osserva tutto, regalandoci immagini poetiche e melanconiche.
Mai annoiate, però.
Una curiosità timida ma inzuppata di passione: e tutto l’insieme si unisce, si impegna e lotta per vincere la solitudine.
Solitudine del protagonista, che allarga la sua analisi a tutti i giovani uomini nella sua stessa situazione: la guerra, la lontananza dalla propria famiglia, il dover cercare affetto e calore da estranei pur sapendo di doverli abbandonare dopo breve tempo.

Soffermatevi sulle pagine delle donne che finiranno tra le braccia di Jacques.
Sorridere dei ricordi di zio Renard sulla Martinica.
Accarezzate il fieno, fino a sentirne il profumo.
Titolo: Lenti progressi in amore
Autore: Jean Paulhan
Editore: Il Melangolo, 104 pagine, 7euro

La leggenda del santo bevitore

A volte capita che mi metta a sistemare i miei libri.
E siccome negli anni sono diventati davvero una marea, spesso non è solo dar loro un nuovo ordine, ma anche operare una cernita: ero gelosissima delle mie letture, ora tengo con me solo quelle davvero significative, il resto lo scambio con amici, o lo regalo a chi ha voglia di perdersi tra le pagine.

Ed ecco che dagli scatoloni sbucano i romanzi letti durante la mia carriera di studentessa.
Pur essendo una lepisma, a volte ho fatto così fatica a portare a termine i libri che appioppavano i professori da averli dimenticati quasi subito.
Ho sorriso ripescando questo racconto di Joseph Roth.
Non fu una lettura obbligata, ma uno dei compiti delle vacanze più idioti del creato: durante il periodo natalizio l’esercizio di dattilografia (ebbene, si: ragioniera sono…) fu quello di ricopiare per intero queste pagine, ticchettando sulla macchina per scrivere.
A distanza di vent’anni me ne domando ancora l’utilità.

Ecco perché oggi ero decisamente curiosa: volevo capire cosa mi fossi persa.

La storia vola via leggera, durando quanto un cappuccino sorbito con calma.
Ma nonostante la brevità, è un continuo saliscendi tra miseria e splendori, amore e solitudine, amici veri ed approfittatori.
Ed i miracoli come filo conduttore.
Miracoli pragmatici, in grado di cambiare davvero una vita.
In meglio, così come in peggio.

Buona lettura…
Titolo: La leggenda del santo bevitore
Autore: Philip Roth
Editore: Adelphi, 75 pagine, 7euro

Kafka e la bambola viaggiatrice

Non un romanzo.
Ma un bel racconto lungo.
Che ci presenta, in forma romanzata, un episodio realmente avvenuto nella vita dello scrittore Franz Kafka.

Come consolare una bambina che piange a dirotto dopo aver smarrito la sua bambola?
Sconosciute entrambe all’uomo che cerca di rincuorare l’una, e di non perdere le speranze per l’altra?

Le pagine volano via velocemente.
Tra lacrime, amore e crescita.
Ed intorno, lo sguardo amorevole della compagna di Franz, che tutto avvolge e protegge.

Buona lettura…

Titolo: Kafka e la bambola viaggiatrice
Autore: Jordi Sierra i Fabra
Ed: Salani Editore, 121 pagine,12euro

Nuca

C’è poi quel piacere.
Quello inaspettato.
Dove la sensualità che spacca i muri non ha bisogno di tacchi, camiciole scollate o rossetti color marsala.
Ora no.
Basta qualche capello che sfugge dalle forcine, e ricade assonnato sulla nuca di una sconosciuta.
È più di uno sguardo arrivato distrattamente negli occhi pigri di un lunedì.
Ma dalle pupille si espande e si insinua in ogni fibra.
Come il primo caffè bevuto di furia in una mattinata gelata…

(Neve Snowhip, io 09 febbraio 2015)

Nuca

Raccontamelo ancora…

– Amore è la scintilla calda che avvolge le spalle, nel momento esatto in cui si scioglie quel brivido leggero di quando ricordo…
– Cosa ricordi?
– Lo sai.
– Raccontamelo ancora.
– Di quando ricordo la prima volta in cui hai pronunciato il mio nome.
– Al telefono.
– Si: al telefono…

(Neve Snowhip – 15 dicembre 2014)

Spalla

Il tocco magico

Pioggia.
Grigiume.
Anfibi benedetti che mi tengono i piedi asciutti.
Bar.
“Un caffè americano, per favore”.
Il mio quadernetto.
L’inchiostro viola della biro che corre veloce a fermare una storia che ho in mente.
Finestra.
Coriandoli d’acqua.
Ombrelli colorati, alti e bassi, adulti e bambini.
Lei: la mia donna del giorno.
Piccola, tonda, quasi settant’anni.
E la sua amica.
Piccola, tonda, quasi settant’anni.
Una cadenza siciliana dolce, che avvolge come una carezza.
– Dove vai con la lampada nella borsa?
– La porto da mio genero. Gianni ha provato a ripararla, ma tu sai come lo chiamo mio marito? Il Re Mirda: perché ogni cosa che tocca, una cagata diventa…
Rido.
Quasi mi strozzo col caffè.
Vorrei alzarmi a baciarla.
Neorealismo, puro.

(Neve Snowhip, io, Milano 30 novembre 2014)

 

 

Caffè

Mani, dita, noi…

Mi abbracci: adoro quando lo fai forte.
Mi baci: amo la tua bocca che pare non voglia lasciarmi mai.
Mi scopi: così divinamente da farmi diventare plastilina, che modelli come vuoi.

C’è però un momento.
Piccolo.
Agli occhi degli altri impercettibile.
Quando usciamo a cena, o ci troviamo per caso in giro, ad un certo punto la tua mano cerca la mia.
Come un ladro fulmineo ma delicato: inizi dal polso, e scivolando come acqua bollente sfiori il palmo, tutte le dita, il mio anello.
Sull’anello ti fermi qualche secondo in più: mi sta appena largo, e lo muovi piano, facendolo vibrare e tirandolo come fai con i miei capezzoli prima di morderli.

Poi arriva.
L’aspettavo, l’aspetto ogni giorno.
Mi stringi con forza la mano, coprendola completamente con la tua.
È questo a scuotermi dentro, come un’onda gonfia.
È questo a far scivolar via ogni mio dubbio.
È questo che mi fa capire come, cosa e quanto noi siamo.

(Neve Snowhip, io, 5 ottobre 2014)

 

Coppiamani

 

 

 

 

Non mi importa…

Non mi interessa della pioggia che sta scendendo.
Della mia febbre, si: ancora lei.
E nemmeno del lavoro che ci attenderà oggi, pesante ed appiccicoso: suicidio che va e viene ogni giorno, come uno yo-yo tra le dita distratte di un bimbo grasso con le unghie sporche.
Ho freddo stamattina: resto a letto, benedicendo il giorno in cui abbiamo piazzato la moka elettrica sul comodino.
Ti sento respirare.
Il ritmo è tranquillo, come se oggi fosse domenica.
I segni bruciano strusciando contro le lenzuola: bruciano i miei ed i tuoi, ma quella notte di carne pura diventa un ricordo lontanissimo quando sento il tuo profumo.
Sai di acqua di mare, di limone ed anche un po’ della cannella del mio dentifricio, che di sicuro ti è rimasto impigliato tra i baffi.
Non mi interessa della pioggia, della febbre, del lavoro.
Ti prendo una mano, la chiudo nella mia, poggiandomela sulla pancia.
Stringi le dita.
Ho bisogno di te, oggi e sempre.
Il resto è sottofondo evanescente, come il vapore morbido dalla caffettiera…

(Neve Snowhip, io,  ottobre 2014)

 

 

Coppialetto

Notte strana…

Notte strana, questa mia.
Notte non vicina, ma nemmeno così lontana.
Notte di visi nuovi.
Notte di penne che non scrivono.
Notte di tanfo di patatine fritte.
Notte di caffè buonissimo, ma in tazzina sudicia.
Notte di pensieri così veloci e concreti che metton voglia di scappare.
Notte di occhi pronti a cedere alla stanchezza.
Notte gelata, dopo una giornata di sole insopportabile.
Notte di voglie che si bloccano.
Notte in attesa dell’amore, quasi fosse una festa.
Notte con la paura che la festa possa finire troppo presto.
Notte fragile, che si finge dura.
Notte di smalto sbeccato, di quello che noti solo avvicinando la glabella.
Notte di tassisti che ti dicono “stai attenta…” .
Notte di lavoro, quando chi ti vuol bene crede tu stia riposando.
Notte di figli che non arrivano ora e mai, e ti domandi il senso del ciclo e dei suoi crampi.
Notte d’un piccione che mi guarda sconsolato.
Notte di libri che non si riescono a leggere.
Notte di fidanzati che si baciano e del fumare distratto di chi li osserva.
Notte di turisti, ammonticchiati come cuccioli di labrador in una cesta.
Notte di camerieri in pausa, che guardano il cielo scrocchiando il collo.
Notte dei tuoi abbracci, che sento anche se stai dormendo.
Notte strana, questa mia.
Notte dei miei baci non ancora vicini, ma nemmeno così lontani…

(Neve Snowhip – 17 ottobre 2014, 3.13 a.m.)

Tazzina