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Canto della mia nudità

“Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
Del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato…”

Canto della mia nudità – Antonia Pozzi

Caccia alle donne

“Io ero minacciato dal suo genio.
Lei era minacciata dal mio.
Eravamo grandi e forti e pronti al combattimento amoroso.
Eravamo inorriditi dalla nostra solitudine e sgomentati dal nostro bisogno.
Percorrevamo il mondo con la nostra folle bellezza per riceverne in cambio anche solo una minima parte.
Incendiavamo le stanze.
Conoscevamo il senso di tutte le cose.
Comprendevamo la paura e il furore come nessuno aveva mai fatto.
Era doloroso stare insieme e ancor più doloroso stare lontani.
Le nostre bocche cozzavano.
I nostri denti si scheggiavano.
Le nostre braccia si indolenzivano per la stretta.
Conoscevamo l’odore l’uno dell’altra e sentivamo la voce l’uno dell’altra e ci dicevamo cose che nessuno mai si era detto…”

Ah, James James.
Ti leggo da anni e mi stupisci ancora.
Questo volume mancava tra i miei scaffali, e perdendomi tra le pagine ho sorriso come e quanto non mi capitava da tempo.

Volume, si.
Perché questo non è un romanzo.
È un diario, un memoir, un insieme di ricordi sulla formazione umana e sentimentale di un uomo, da quando perse la madre in poi.
E, in sostanza, è la caccia malinconica e passionale per trovare LEI, la donna perfetta per la propria vita.

Ed io ho sorriso per tanti motivi.
La passione comune per Anne Sexton e Beethoven.
Il fascino totale per le imperfezioni fisiche, mie ed altrui.
Il riversare su carta tutto l’amore che non riesco ad esprimere, e che altri non vogliono accettare.
La voglia di cambiare, ma il bisogno della mano altrui per tirarmi su ed agire.

La mia vita amorosa è stata identica alla sua, forse ancor più travagliata.
Ma guardo il sole sorgere.
E nessun cane mi odia…

Titolo: Caccia alle donne
Autore: James Ellroy
Editore: Bompiani, 256 pagine, 17,50euro

Disprezzo

“Stavo alle spalle di Emilia e la vedevo di scorcio. Ella era nuda, come ho detto, e i vestiti le stavano accanto, sui sassi, piccolo mucchio di panni colorati che sembrava impossibile avessero potuto ricoprire quel suo grande corpo. Quello che mi colpì di più, infatti, nella nudità di Emilia, fin dal primo sguardo, non fu questo o quest’altro particolare, bensì, tutt’insieme, la grandezza e potenza del corpo intero.
Mi domandai a un tratto donde mi venisse questo senso di grandezza e di potenza, così profondo e così conturbante; e allora capii che esso scaturiva dal mio desiderio risvegliato in un momento imprevisto.
Io avevo, insomma, fame di lei…”

(Alberto Moravia – Il disprezzo)

 

 

Big

 

 

 

 

 

 

 

 

La bellezza è negli occhi di chi la guarda

“Con due amanti morti sulle spalle, ma non alle spalle, con il virus dell’Aids nel sangue e con quella che i medici chiamano “aspettativa di vita” non superiore ai due o tre anni, la gioia della vita è grande.
E’ come se la vita si fosse ampliata: vedo di più, sento di più, so che ho amato di più…”

Lo ammetto.
Questo libricino, pochissimi fogli, mi ha spiazzata.
Stampato nel 1993 da quella collana geniale di Millelire Stampa Alternativa, ammetto che ha passato troppi anni nella scatola dove avevo riunito tutti i suoi piccoli ma preziosi colleghi.

Luigi Cerina in quattordici pagine racconta la malattia, certo.
Ma non dal punto di vista prettamente sanitario: analizza dai gesti d’amore che, purtroppo, l’han fatta sviluppare.

“Se l’amore, la passione e anche il far l’amore, nella salute e nella quotidianità è gradevole e confortante, nel dramma assume una valenza assoluta, palpitante, si stacca dalla normalità ancora di più e ascende forse fino alla divinità.
Il dolore affina, nobilita, allarga, ingigantisce, spappola, rompe, disintegra, fa impazzire, paralizza, è, per dirla con Margherite Duras “un’esperienza importantissima”, forse è di più: modifica.
E’ una chance, un educatore, un violentatore, un maschio infernale che ci squarta per poi renderci arroganti, orgogliosi, pieni di noi stessi: cioè indistruttibili…”

Che poi analizzare non è nemmeno il termine esatto.
Semplicemente ma intensamente racconta cosa sia successo.
Senza maledire nessuno, senza lamentarsi del fato crudele, senza accidia.
Quasi con dolcezza.
E la dolcezza non è tanto al passato, ai giorni felici dove non c’era nemmeno il pensiero che si potesse ammalare, ma al futuro.
Un futuro segnato.
Ma che gli consentirà di raggiungere gli uomini che più ha amato.
Una sorta di nostalgia intrisa di normalità.

“Saltuariamente l’idea della malattia o della morte ci raggiungeva ma non era mai un motivo di ansia, d’angoscia e depressione, era piuttosto un modo o uno stimolo a vivere bene, perché non si sapeva quanto si avrebbe vissuto.

ma là in quell’attico e mansarda, in mezzo ai tetti, alla luna ed alle nuvole, due uomini giovani si amavano e si adoravano poeticamente e coraggiosamente, con generosità, ma anche con raffinatezza, sensualità ed epicureità.”

Tante città, case, visi, le associazioni, il testimoniare a viso scoperto.
Il sentirsi tuttavia una sorta di sopravvissuto che non riesce a sopportare l’idea di essere rimasto indietro, di non condividere il resto del percorso, il destino, con chi l’ha preceduto alla fine del cammino, e la voglia di raggiungerli.

Sono poche pagine dense.
Dove vi troverete più volte ad annuire, anche furiosamente.
Avvolti dalla Bellezza.

Bellezza

Sculacciando la cameriera

Premessa: da sempre divoro i libri di Coover, e mai ne sono rimasta delusa.

“Sculacciando la cameriera” è un racconto lungo, con due soli protagonisti.
L’attempato padrone di casa e la giovane cameriera.
Ed anche i luoghi sono sostanzialmente due: la camera da letto ed il bagno.
Con l’aggiunta, sporadica ma preziosa, del giardino.
Non vi racconto la storia: è di una brevità così perfetta che vi rovinerei la lettura.
Però posso anticiparvi cosa vi aspetta.

Vivere, nel pieno senso della parola, non significa meramente esistere o sussistere, ma darsi, dedicarsi interamente: a qualche altro scopo, agli altri, a una missione sociale, alla vita stessa oltre il guscio dell’ego…

Una storia cupa, ma non tetra.
Parole non dette e pensieri che si aggrovigliano, per abbracciarsi.
La struttura a labirinto circolare: dove i protagonisti vivono ogni giorno identico (o quasi…) al precedente, anche nei contenuti dei dialoghi.
Che poi dialoghi non sono: ma monologhi che si avvicinano.
Sesso, deviazioni, bdsm: nulla viene celato, ma tutto è reso con intrigo ed il giusto velo di mistero, senza cadere mai nel trivio e nella volgarità.
Breve, asciutto ed essenziale.
Come una stoccata ben assestata.

Titolo: Sculacciando la cameriera
Autore: Robert Coover
Editore: Guanda, 72 pagine, 6euro.