“Con due amanti morti sulle spalle, ma non alle spalle, con il virus dell’Aids nel sangue e con quella che i medici chiamano “aspettativa di vita” non superiore ai due o tre anni, la gioia della vita è grande.
E’ come se la vita si fosse ampliata: vedo di più, sento di più, so che ho amato di più…”
Lo ammetto.
Questo libricino, pochissimi fogli, mi ha spiazzata.
Stampato nel 1993 da quella collana geniale di Millelire Stampa Alternativa, ammetto che ha passato troppi anni nella scatola dove avevo riunito tutti i suoi piccoli ma preziosi colleghi.
Luigi Cerina in quattordici pagine racconta la malattia, certo.
Ma non dal punto di vista prettamente sanitario: analizza dai gesti d’amore che, purtroppo, l’han fatta sviluppare.
“Se l’amore, la passione e anche il far l’amore, nella salute e nella quotidianità è gradevole e confortante, nel dramma assume una valenza assoluta, palpitante, si stacca dalla normalità ancora di più e ascende forse fino alla divinità.
Il dolore affina, nobilita, allarga, ingigantisce, spappola, rompe, disintegra, fa impazzire, paralizza, è, per dirla con Margherite Duras “un’esperienza importantissima”, forse è di più: modifica.
E’ una chance, un educatore, un violentatore, un maschio infernale che ci squarta per poi renderci arroganti, orgogliosi, pieni di noi stessi: cioè indistruttibili…”
Che poi analizzare non è nemmeno il termine esatto.
Semplicemente ma intensamente racconta cosa sia successo.
Senza maledire nessuno, senza lamentarsi del fato crudele, senza accidia.
Quasi con dolcezza.
E la dolcezza non è tanto al passato, ai giorni felici dove non c’era nemmeno il pensiero che si potesse ammalare, ma al futuro.
Un futuro segnato.
Ma che gli consentirà di raggiungere gli uomini che più ha amato.
Una sorta di nostalgia intrisa di normalità.
“Saltuariamente l’idea della malattia o della morte ci raggiungeva ma non era mai un motivo di ansia, d’angoscia e depressione, era piuttosto un modo o uno stimolo a vivere bene, perché non si sapeva quanto si avrebbe vissuto.
…
ma là in quell’attico e mansarda, in mezzo ai tetti, alla luna ed alle nuvole, due uomini giovani si amavano e si adoravano poeticamente e coraggiosamente, con generosità, ma anche con raffinatezza, sensualità ed epicureità.”
Tante città, case, visi, le associazioni, il testimoniare a viso scoperto.
Il sentirsi tuttavia una sorta di sopravvissuto che non riesce a sopportare l’idea di essere rimasto indietro, di non condividere il resto del percorso, il destino, con chi l’ha preceduto alla fine del cammino, e la voglia di raggiungerli.
Sono poche pagine dense.
Dove vi troverete più volte ad annuire, anche furiosamente.
Avvolti dalla Bellezza.