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Ragazzi fra le pagine…

I ragazzi e la lettura.
Quelli che non si avvicinano ad un libro nemmeno pagando, ed altri che sprofondano fra le pagine per ore intere.
I miei genitori erano lettori onnivori ed appassionati, amore che mi hanno trasferito per osmosi senza mai porre veto sul quel che potevo leggere.
Mi sono tornati in mente stamani, ritrovandomi in una discussione incentrata sulla domanda: a tredici anni è presto per leggere “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”?
Con mio sommo rammarico, vedevo madri e padri sconsigliarlo: perché troppo difficile, troppo duro, gli insegnanti non capiscono che sono letture malsane a quella età.
Ad essere di una tristezza abissale è la mancanza di fiducia nei ragazzi.
È un’età nella quale il gusto deve affinarsi e prendere una rotta, e chi ama perdersi nei libri fagocita tutto quel che lo interessa.
Una fame che aumenta tra storie e poesie, il mondo vero e quello inventato.
Una fame che come companatico ha bisogno di dialogo e confronto.
Una fame che in qualche modo riesce sempre a scavalcare i no, ingozzandosi di nascosto: e questo si che può procurar danni.
Lasciateli leggere in pace, sosteneteli, raccontatevi le pagine e ritrovatevi, anche tra idee opposte.
Non negate loro Conoscenza e Bellezza.
Altrimenti sembrate quei genitori che per le feste conciano i bimbi con vestiti da adulti in miniatura*, ma poi li fanno mangiare sulla tovaglia di plastica, perché temono che quella in stoffa possa macchiarsi.
Ecco.
Di solito è questo il momento in cui mi si accusa: tu non hai figli, che ne sai?
Ma è noto come noi sterili si tenda ad essere saccenti…

*perdonatemi, ma acchittati tra cravattine e miniscarpine coi tacchi, a me paion sempre pupazzi da ventriloquo.

Grafia

Uno dei regali più intimi, preziosi e veri da parte delle persone che mi vogliono bene è il mostrarmi la loro grafia.
Scie, solchi leggeri, onde dense e tratti asciutti, un appunto preso al volo, dei conti, l’annotazione lungo i margini di un romanzo, una lettera a righe fitte, la pagina ordinata di un diario: ogni volta leggo, con la curiosità innata che mi permette di decifrare anche quegli scarabocchi così impossibili da sembrare increspature extrasistoliche del mare.
Senza sdrucciolare nella fin troppo sfruttata tristezza della grafologia improvvisata rosicchiando online, osservo tutto con cura.
E l’inchiostro diventa insieme essenza ed amplificazione di volti, gesti, voci, ricordi…

Non so che viso avesse…

“So che avere una libreria in ordine, con tutto catalogato, dove uno dice: “quel tal libro che parla del tale argomento so per certo che nello scaffale B2 al settimo piano sigla 6-15″ e va là e se lo prende, poi lo rimetto al suo posto, tutto questo dicevo so che, almeno per me, è un sogno, un pio desiderio, un’utopia irrealizzabile perché i libri sono, forse devono essere, una piacevole condanna, una dolce maledizione…”

La recensione di questa biografia a quattro mani è impossibile e semplicissima al tempo stesso.
Impossibile perché sono pagine così opulente e dense anche nella loro asciuttezza che si finirebbe per descriverle parola per parola.
Dall’altra è così semplice che la recensione si potrebbe ridurre, proprio per evitare di anticipare troppo, al consiglio condensato in una frase: leggilo, è bellissimo.
La seconda parte curata da Alberto Bertoni analizza la carriera artistica vera e propria del cantautore, in modo dettagliato, mai schematico, continuando naturalmente il flusso della prima parte, quella in cui Guccini racconta Francesco ed il suo mondo con la tenerezza concreta di una chiacchierata senza argini né fretta: la famiglia, la fame, la guerra, l’imparare a fumare, gli amori, la musica, lo studio e l’insegnamento, i libri ed i fumetti.
Una chiacchiera cervantiana, che da un particolare, un volto, un ricordo pallido, ricostruisce una storia a sé ma necessaria in qualche modo alla narrazione, proprio come le novelle interpolari…

L’aspetto del cuore…

Chissà di che colore è il cuore di chi è convinto di non essere mai stato amato.
Se è trasparente e vuoto, fragile ed esposto, ma desideroso di essere colmato.
Oppure è di quel bianco opaco dei confetti, affinché nessuno possa curiosare all’interno.
Se è nero come un biscotto bruciato, per osservare al buio i cuori altrui di nascosto.
Oppure è gonfio di finta allegria, con colori così forti ed acidi da ferire intenzionalmente lo sguardo di chi si avvicina.
O forse le sfumature sono solo troppo pallide, ancora senza un’identità precisa, come il tratto di quelle biro timide che capitano sempre nei multipack…

(Caterina Balente Yakamoz)

Sette ragazze imperdonabili

Pensavo fosse difficile descrivere questo lavoro.
Mentre lo sfogliavo, appena arrivato, continuavo a chiedermi cosa fosse esattamente.
Il segreto forse sta proprio tutto qui: non porsi domande, e lasciarsi stupire e guidare.
Emily Dickinson, Giovanna d’Arco, Antonia Pozzi, Cristina Campo, Etty Hillesum, Sylvia Plath, Marina Cvetaeva sono le sette ragazze imperdonabili: impazienti, radicali, poco accomodanti, tremendamente oneste ed anche piuttosto antipatiche e “ognuna di loro ha condotto con onestà e determinazione la propria ricerca, spesso nella solitudine, aprendo un varco nel tempo…”.
Sette racconti, tutti in prima persona: condensano in poche ma preziose pagine una vita intera, tra picchi ed orridi, stanchezza e voglia di orizzonti nuovi, occhi che si perdono fra le nuvole e dita che affondano nella terra.
Sette poesie dell’autrice: ogni parola, ogni virgola, ogni sguardo… tutto pesa come stille di mercurio dolce, che cadono dentro di colpo con la morbidezza e la tenacia di chi non se ne andrà.
Sette collage: riassumono tutto quel che viene scritto, dai visi ai fiori, passando dalla speranza alla concretezza.
Tutto per lasciare un segno.
E qui arriva l’ottava ragazza, Mary Delany: il suo racconto è l’unico in terza persona, ed è quello che condensa, riassume e conferisce slancio a tutto il libro.
Maria Antonietta è una donna di cultura e sensibilità così simbiotiche e profonde da intrecciarsi saldamente, come radici che si tengono per mano.
Maria Antonietta è una bambina che gioca con la sua scatola di latta colma di ritagli, che sistema e riposiziona con cura sulle pagine del suo quaderno, franmezzando i fogli in cui la scrittura si fa fitta di sogni e spigoli, valore e determinazione. Che ogni tanto si alza, ed accarezza i fiori. E dopo petali e foglie le sue dita accarezzano marmi e statuine di vetro trasparenti e delicate.
Maria Antonietta è un vaso colmo di rami di lunaria dai frutti secchi e silenziosi, ma che negli anni diventano sempre più argentati e luminosi: come occhi mai stanchi di mordere nuova meraviglia, e di usarla per regalar luce tutto intorno…

Il livore del lettore…

Quando il mercato editoriale sforna prodotti che recano come autrice la starlette o l’influencer di turno si alzano gli scudi: all’improvviso ritrovo un mondo popolato lettori votati solo “mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo”.
Vedo nelle discussioni nel mondo dei lettori una rissosità preoccupante, e soprattutto svilente.
Sugli interessi economici che spingono un editore a pubblicare certi prodotti e sul lavoro dei ghostwriter ne han già parlato e scritto persone più competenti di me.
Ma agli scudi rispondo sguainando la sciabola.
Sapete che c’è?
Che ciascuno di noi ha il sacrosanto diritto di leggere il diamine che gli pare.
Il confronto ed il dialogo fra lettori non è serio se partite criticando i gusti altrui: diventate solo fastidiosi come un’unghia sbeccata che si impiglia ovunque.
Consigliate piuttosto altri titoli, per la serie… ti piace questo, ma sai che invece conosco due o tre titoli che puoi trovare più interessanti?
Ah, già.
Ma dal piedistallo che si sono scalpellati da soli, moltissimi “lettori seri” incensano la letteratura di nicchia… a patto che nessuno si avvicini a certi titoli dopo di loro.
Solitamente la frase è: l’ho letto settecento anni fa, appena uscì, ho l’edizione in pelle di pavone albino, miniata da un monaco cieco… la nuova edizione in brossura da venti euro non so come sia… e poi non è una lettura alla portata di tutti…
Leggere è crescere: la passione si rafforza così come il gusto personale si delinea più nitidamente. E allora avremo chi amerà i thriller e chi il filone chicklit, chi si perderà nei saggi storici e chi nei teati filosofici, chi si imbarcherà su romanzi d’avventura e chi vorrà sognare su qualche storia d’amore.
Leggere è diventare critici: ritrovarsi fra le mani romanzi che possiamo definire brutti ed inutili solo se li abbiamo davvero letti: criticare perché lo fan tutti vuol dire incorporarsi al gregge senza sapere nemmeno il perché.
Leggere è evolversi: affinandosi anche ridendo delle brutture in cui siamo incappati negli anni.
Ed evolversi vuol dire rispettare gli altri.
Anche perché belli e crudeli come gli scimmioni di Kubrick, non sarete mai: sembrate solo una carriola di bertucce inutilmente inviperite…

Illustrazione: Dan-ah Kim.

Luna

Parlano e scrivono tutti di Luna, Spazio ed astronauti.
Tutti.
Anche chi fino a ieri si limitava a frigger cipolle in tv, giusto perché aveva accanto un cuoco a scaldar l’olio, ad affettar i bulbi lacrimogeni e a scuoter la padella.
Riescono a rendere stucchevole ed insopportabile anche un anniversario così importante.
Io inizio a capire Homer Simpson: mentre tutti erano commossi davanti ai televisori, stravaccato in un angolo canticchiava beato con le cuffie in testa “Yummy yummy yummy” degli Ohio Express.

E, comunque: lui poi è diventato davvero un astronauta.
Così.
Per dire…

Gara di lettura…

In uno dei tanti gruppi virtuali di lettura che frequento, ho visto un messaggio che mi ha fatto crollare le braccia.
Una mamma chiedeva consigli per le letture estive del suo bimbo nel passaggio tra seconda e terza elementare.
Con la seguente motivazione.
“La maestra darà un premio al bambino che leggerà il libro col più alto numero di pagine!”

Mi ha stupito la demenza di un’educatrice che spera di invogliare così i piccoli alla lettura.
E forse ancor di più sono rimasta attonita dal fatto che una madre non si sia posta altro problema se non trovare “libri grossi!”.

Leggere è una gara.
E non è diventata una competizione solo ora.
Succedeva già quando ero io alle elementari: se finivi per primo un libretto, una pagina, od anche solo un paragrafo… avevi vinto, eri arrivato primo.
Un bel giorno mia madre mi domandò: raccontami cosa hai capito.
Ed è la stessa curiosità che rivolgo a molti, grandi e piccoli, ancora oggi.
Io leggo tanto, tantissimo.
Per lavoro e per diletto.
Ma sono anche una zitella senza prole, manco gli animali domestici mi sopportano.
Eppure il mio leggere ha dei limiti.
Di tempo, di voglia, di una vita sociale.
Quelli che sostengono di bere (che espressione tremenda…) nove romanzi a settimana, si ricordano qualcosa e riflettono sulla loro lettura, o lo fanno soltanto per postare a raffica su IG?
Se è la prima opzione, avete tutta la mia stima.
In caso contrario: spiegatemi, per cortesia, il senso di leggere di corsa.
Far scorrere i libri di studio così, non serve a nulla perché non riuscite a capire un tubo.
Se sono romanzi per svago, vi perdete metà della trama e l’indomani non ricordate nemmeno i nomi dei protagonisti.
Salvate almeno i bambini da tutta questa competizione vuota ed appiccicosa.
Opponetevi con forza a scempiaggini tipo “il premio a chi legge il libro più lungo”.
Lasciate che possano amare la lettura in libertà.
Fatelo per loro.
E pure per me, un poco…

Gomma

Io sono felice quando i miei amici sono sereni.
Questo mi fa star bene.
Il resto è un sottofondo noioso e sciapo, come l’ombra azzurrina che lasciava sui fogli la gommetta delle replay negli anni Ottanta…

(Neve Snowhip, 17 gennaio 2015)

Replay

 

La fine è il mio inizio. Il film.

Ho letto tutto quel che Tiziano Terzani ha scritto.
Commuovendomi più per le cronache del giornalista “antebarba” che per i racconti degli ultimi anni.
Ho riso, pianto e “visto” posti ed anni a me lontani.
E quante ore rubate al sonno per non lasciare indietro le pagine…

Appena ho saputo dell’uscita di questo film ho storto il naso.
Sono combattuta.
Da una parte è solo un gran bene che il pensiero di Terzani venga fatto conoscere anche alle nuove generazioni, come a tutti quelli che ancora non si sono avvicinati a lui.
Ma, dall’altra, ho l’impressione che si tenda a spremere il limone fino all’ultima goccia.

Vedrò sicuramente il film.
E vi saprò dire…