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Riflettere…

Lorenzo: stavo suonando “La verità” e pensavo… quando la verità si palesa come in questi giorni, non ti inquieta la casualità del fatto che un artista come te abbia beccato un’onda che passava e che ci stava dicendo una cosa che poi, alla fine, ci ha costretti ad affrontare la verità della fragilità?


Dario: ho sempre molta difficoltà nel raccontare come sono nate le canzoni in grado di dirmi certe cose, e in questo momento non riesco a cantare qualcosa nato per raccontare delle mie stesse difficoltà nell’accettare il cambiamento e la paura della fine.
Molti dei brani dell’ultimo disco hanno a che fare con questo senso di accettazione: accettazione e non rassegnazione.
È come se per certe cose, che vanno al di là di questo momento preoccupante ed epocale che stiamo vivendo, anche per l’età che comincio ad avere inizio a confrontarmi con certe tematiche e lo scriverne è per me già un motivo di accettazione.
E con accettazione intendo che non mi voglio più stupire, non voglio essere stupefatto da quello che accade: non preoccuparmi del futuro ma occuparmene.
Soprattutto in questi giorni, se da una parte vorrei essere di conforto alle persone anche solo distraendole con una canzone, dall’altra sento la necessità di…

Lorenzo: di essere fra le persone, di essere tu stesso una persona.

Dario: esatto, e anche sfruttare questo periodo per darmi un tempo, prendermi tempo per riflettere e magari riversare queste riflessioni in scrittura…

(Lorenzo Cherubini e Dario Brunori – 12 marzo 2020)

Scatto: Maikid – Michele Lugaresi

Sette ragazze imperdonabili

Pensavo fosse difficile descrivere questo lavoro.
Mentre lo sfogliavo, appena arrivato, continuavo a chiedermi cosa fosse esattamente.
Il segreto forse sta proprio tutto qui: non porsi domande, e lasciarsi stupire e guidare.
Emily Dickinson, Giovanna d’Arco, Antonia Pozzi, Cristina Campo, Etty Hillesum, Sylvia Plath, Marina Cvetaeva sono le sette ragazze imperdonabili: impazienti, radicali, poco accomodanti, tremendamente oneste ed anche piuttosto antipatiche e “ognuna di loro ha condotto con onestà e determinazione la propria ricerca, spesso nella solitudine, aprendo un varco nel tempo…”.
Sette racconti, tutti in prima persona: condensano in poche ma preziose pagine una vita intera, tra picchi ed orridi, stanchezza e voglia di orizzonti nuovi, occhi che si perdono fra le nuvole e dita che affondano nella terra.
Sette poesie dell’autrice: ogni parola, ogni virgola, ogni sguardo… tutto pesa come stille di mercurio dolce, che cadono dentro di colpo con la morbidezza e la tenacia di chi non se ne andrà.
Sette collage: riassumono tutto quel che viene scritto, dai visi ai fiori, passando dalla speranza alla concretezza.
Tutto per lasciare un segno.
E qui arriva l’ottava ragazza, Mary Delany: il suo racconto è l’unico in terza persona, ed è quello che condensa, riassume e conferisce slancio a tutto il libro.
Maria Antonietta è una donna di cultura e sensibilità così simbiotiche e profonde da intrecciarsi saldamente, come radici che si tengono per mano.
Maria Antonietta è una bambina che gioca con la sua scatola di latta colma di ritagli, che sistema e riposiziona con cura sulle pagine del suo quaderno, franmezzando i fogli in cui la scrittura si fa fitta di sogni e spigoli, valore e determinazione. Che ogni tanto si alza, ed accarezza i fiori. E dopo petali e foglie le sue dita accarezzano marmi e statuine di vetro trasparenti e delicate.
Maria Antonietta è un vaso colmo di rami di lunaria dai frutti secchi e silenziosi, ma che negli anni diventano sempre più argentati e luminosi: come occhi mai stanchi di mordere nuova meraviglia, e di usarla per regalar luce tutto intorno…